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Virtus Bologna, Nico Mannion: “Amo Bologna e i nostri tifosi. Qui c’è un organizzazione vincente”

Nico Mannion, playmaker della Segafredo Virtus Bologna, è stato intervistato da Davide Fumagalli per Eurosport. L’esterno azzurro ha parlato della sua esperienza in Italia con le Vu Nere dopo la NBA, del lavoro quotidiano, della Nazionale, di Paolo Banchero e del CT Gianmarco Pozzecco.

  • Tutti si aspettano molto da te da quando sei un prospetto al liceo. Come hai gestito e gestisci la pressione?
“Cerco di non pensarci, ci sono tante voci dall’esterno ma cerco di non farmi condizionare. Sono davanti alle telecamere e sui social media da tanto tempo, non mi piace particolarmente, non sono a mio agio, ma è arrivato con il gioco. Devo cercare di capire che non è per forza una cosa negativa, lo diventa se fai qualcosa di stupido, quindi devo cercare di essere positivo, di comportarmi nel modo giusto per non creare problemi”.
  • Quali sono gli aspetti su cui lavori di più?
“Ho solo 21 anni, devo lavorare su tutto perchè non c’è nulla di perfetto. Devo migliorare nel controllo della partita perchè qui è molto diverso e sto imparando, e rafforzare il mio fisico per essere più forte mettendo più peso addosso”.
  • Da giocatore della Virtus, cos’ha di speciale questo club e anche la città di Bologna?
“E’ un club storico, ha avuto tanti grandi campioni e tante squadre vincenti, si percepisce che è un’organizzazione vincente. Qui ti senti parte dell’ambiente, c’è un gruppo molto unito, tutti sono disponibili, l’ego dei singoli lascia spazio al gruppo, ci sosteniamo in allenamento, ci prendiamo cura l’uno dell’altro, mangiamo insieme, sono dinamiche grandiose. Amo la città di Bologna e adoro i tifosi che sono sempre con noi a sostenerci e sono una parte importante di questa organizzazione, fanno la differenza”.
 
 
  • Quando giochi con la Nazionale, cosa ti dà di speciale la maglia azzurra?
“E’ speciale. La prima volta che ho giocato con la Nazionale, mia mamma era sugli spalti e quando è partito l’inno nazionale, lei ha iniziato a piangere, io ero ancora molto giovane e non capivo ancora il peso che aveva quel momento, ma se ora mi guardo indietro sento una grande emozione e ripenso a quello che ho vissuto con la squadra. Come quando abbiamo staccato il pass per le Olimpiadi di Tokyo, vedere i miei compagni così emozionati è stato irreale. Per questo motivo giocare con l’Italia è così speciale e voglio esserci tutte le volte che ne avrò l’opportunità”.
  • Hai sentito Paolo Banchero, gli hai detto di venire in Nazionale?
“Sì, ho parlato con lui un paio di volte della Nazionale con lui. Paolo mi ha detto che vuole venire, ora bisogna solo aspettare l’occasione per farlo. Poi dipenderà se avrà il tempo, se starà bene, se magari lo chiamerà Team USA, ma ha il passaporto e vuole darci una mano. E’ speciale, con quel fisico, con quell’atletismo, gioca come una guardia, ha davvero tutto”.
  • Gianmarco Pozzecco: cos’hai pensato la prima volta che l’hai visto e che allenatore è?
“Prima di andare al primo raduno con lui, ho guardato qualche video per capire che tipo di persona mi sarei trovato davanti. Ha tanta, tanta, tanta energia e sono super felice di giocare per lui, ci tiene tantissimo ai suoi giocatori, lotta per loro e lo dimostra sempre, è sempre positivo ed è per me è bellissimo giocare per lui. Il sapersi relazionare coi suoi giocatori è ciò che lo rende speciale, lo senti che è particolare, e non ha paura di mostrare le sue emozioni, che sia un abbraccio, una pacca sulla schiena, c’è sempre per chiunque. Ti dà molta fiducia, lascia che i giocatori siano sè stessi e possano giocare al meglio delle loro possibilità, per questo abbiamo un ottimo gruppo che ha delle sicurezze perchè lui le ha e ce le trasmette”.
  • Hai giocato con grandissimi campioni, da Curry a Green passando per Teodosic e Belinelli: cosa cerchi di prendere da loro?
“Quello che cerco di prendere da questi campioni, soprattutto dai veterani, è la loro mentalità. So che è un processo fatto di lavoro quotidiano per arrivare al livello a cui sono arrivati. Tutti possono vedere quanto siano forti in partita o negli allenamenti, ma essere con loro tutti i giorni per un anno intero ti permette di fare loro domande, capire cosa fanno e cosa non fanno per essere come sono, per cui la cosa più importante per me è studiarli come uno studente”.